La trasformazione isoentalpica

Un gas compie una trasformazione isoentalpica quando espande in assenza di scambi termici con l'esterno e senza che venga prelevato lavoro di volume.
Se il gas è ideale, la sua temperatura resta costante durante il processo di espansione.
Si tratta pertanto di una trasformazione distinta da quella nota con il nome di adiabatica in quanto quest'ultima avviene in presenza di lavoro di volume e la temperatura alla fine del processo è sempre diversa da quella di partenza (e fra l'altro dipende anche dal tipo di gas).

In figura è mostrato un sistema composto da due camere.


Nella camera di sinistra è presente un certo quantitativo di gas ideale alla pressione P1 e alla temperatura T1.
Nella camera di destra è presente il vuoto assoluto: P2 = 0.
In un certo istante le due camere vengono messe in comunicazione fra loro con un piccolissimo foro. La pressione nella camera di sinistra diminuisce mentre la pressione nella camera di destra sale.
In queste condizioni non viene prelevato lavoro di volume e se sono assenti anche gli scambi termici la trasformazione è di tipo isoentalpico; la temperatura del gas non varia durante il processo.


Alla fine del processo, nelle due camere è presente la stessa pressione P3. Se il volume delle due camere è lo stesso allora P3 = P1/2.
Anche la temperatura è uguale nelle due camere e pari a T1.


Dal punto di vista teorico il modo più semplice per tornare allo stato iniziale è agendo dall'esterno con un pistone in condizioni isotermiche.


Si compie lavoro sul sistema gas per spiazzarlo dalla camera di destra e riportarlo interamente nella camera di sinistra.
Dato che la trasformazione è stata scelta di tipo isotermico, il lavoro fatto sul gas è uguale (per definizione) al calore che deve essere dissipato per mantenere la temperatura costante.


Alla fine di questa operazione il gas è di nuovo contenuto interamente nella camera di sinistra alla temperatura T1 e quindi anche alla pressione P1, mentre la camera destra è di nuovo vuota: P2=0. In pratica è stato possibile tornare al punto di partenza sfruttando una trasformazione isoterma.


L'isoentalpica è una trasformazione spontanea e quindi irreversibile (l'entropia del sistema aumenta) e se il gas è ideale la sua temperatura resta costante nel corso della trasformazione.
Tuttavia nel caso dei gas reali si osservano deviazioni della temperatura. Il fenomeno è noto con il nome di effetto Joule-Thomson e dipende sia dalla temperatura sia dalla pressione.
Anche se tali scostamenti sono di modesta entità rispetto a quelli che si osservano nei processi di espansione adiabatici, sono comunque significativi e la loro esistenza viene sfruttata nella macchina di Linde.
Si noti che a pressione atmosferica non tutti i gas reali si raffreddano a seguito di un'espansione isoentalpica. Alcuni hanno un comportamento opposto: se la loro temperatura di partenza è superiore a un determinato valore (temperatura di inversione Joule-Thomson) si riscaldano. Nel caso dell'idrogeno e dell'elio tale temperatura limite è molto più bassa di 0°C.

6 commenti:

  1. Ciao Yuz,

    Non è facile capire perchè un gas ideale (per semplificare) lasciato espandere liberamente ad un determinato volume, abbia un comportamento termo-dinamico diverso di quando si espande, sempre a quel determinato volume, ma dopo aver spinto un pistone.

    Nel primo caso la Temperatura non varia e così pure il prodotto di Pressione*Volume (P*V=cost) mentre nel secondo caso il gas ideale si raffredda e il prodotto di Pressione*Volume segue la segue la formula Pressione*Volume^(gamma)=cost

    E' come se nel secondo caso il gas ideale sentisse di stare lavorando e quindi variasse il suo comportamento di conseguenza.

    Inoltre nel primo caso si parla di perdita entropica pur non essendoci nessuna variazione dell'energia potenziale del sistema (iso-entalpia), mentre nel secondo caso la perdita viene definita reversibile o iso-entropica e il sistema gas perde o meglio cede energia all'esterno.

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    1. Per una spiegazione dal punto di vista "microscopico" del motivo per cui il gas varia di temperatura quando compie una trasformazione adiabatica, riporto un mio commento al post intitolato La trasformazione adiabatica.


      Un gas ideale è un insieme di particelle che non interagiscono fra loro se non tramite urti di tipo elastico.
      L'assenza di interazioni si traduce nell'assenza di energia potenziale e quindi l'unica forma di energia presente è quella cinetica delle particelle.
      A livello microscopico ogni particella fra una collisione e quella successiva si sposta con moto rettilineo uniforme e la pressione "sentita" da un pistone è la manifestazione macroscopica degli urti delle particelle contro la parete del pistone.
      La pressione ovviamente dipende sia dalla frequenza degli urti sia dalla velocità media delle particelle impattanti.
      La velocità media delle particelle (e quindi l'energia del gas) è riconducibile alla sola temperatura del gas; la frequenza degli urti invece dipende sia dalla temperatura che dalla densità del gas.

      Nel post intitolato P*V=n*R*T: considerazioni laterali introduco il concetto di energia termica di un gas definendolo con questa relazione: Egas = n * Cv * T
      La relazione mostra proprio che l'energia del gas dipende esclusivamente dalla temperatura e dalla sua quantità (ma non dalla pressione o dal volume occupato).

      A questo punto possiamo analizzare cosa accade quando il pistone è in movimento cioè durante una compressione o una espansione adiabatica.

      A livello microscopico una particella di gas che urta un pistone che si muove in verso opposto, a seguito dell'urto si muoverà più velocemente e quindi avrà una energia cinetica maggiore.
      La forza che dall'esterno agisce sul pistone per farlo muovere e così comprimere il gas si ripartisce sugli n-urti di particelle contro il pistone che avvengono ininterrottamente e fa accelerare le particelle coinvolte nell'urto. Se la velocità media delle particelle aumenta, aumenterà anche la temperatura del gas.
      Contemporaneamente però aumenta anche la densità del gas (lo stesso numero di particelle deve occupare un volume minore).
      Il risultato netto è sia un aumento di frequenza degli urti sia un aumento della velocità media delle particelle.
      Infatti, a parità di variazione di temperatura, l'aumento pressorio in una compressione adiabatica è maggiore dell'aumento pressorio in una trasformazione isocora (in un'isocora la densità del gas è invariata).

      Allo stesso modo una particella di gas che urta un pistone che si muove nello stesso verso, a seguito dell'urto si muoverà più lentamente e quindi avrà una energia cinetica minore.
      Il pistone si muove per effetto della forza pressoria del gas; poichè la forza genera uno spostamento ( e perciò compie un lavoro) significa che parte dell'energia cinetica delle particelle coinvolte negli n-urti che avvengono ininterrottamente contro il pistone è stata convertita in lavoro e quindi le particelle a seguito dell'urto risultano rallentate. Diminuendo la velocità media delle particelle, diminuisce anche la temperatura del gas.
      Contemporaneamente però diminuisce anche la densità del gas (lo stesso numero di particelle deve occupare un volume maggiore).
      Il risultato netto è sia un calo di frequenza degli urti sia una riduzione della velocità media delle particelle.
      Infatti, a parità di diminuzione di temperatura, la perdita pressoria in una espansione adiabatica è maggiore del calo pressorio in una trasformazione isocora (in un'isocora la densità del gas è invariata).

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  2. Grazie Yuz!
    E' una spiegazione molto chiara di un fenomeno che potrebbe essere considerato apparentemente poco comprensibile.

    Nel primo caso (espansione iso-entalpica) abbiamo un urto totalmente elastico del gas contro una parete "rigida", senza quindi perdita di energia cinetica delle molecole del gas.

    Nel secondo caso invece (espansione iso-entropica) abbiamo un urto anelastico dovuto al fatto che le particelle del gas imprimono un'accelerazione sulla parete mobile del pistone e quindi perdono una parte della loro energia cinetica.
    Ecco perchè pur raggiungendo alla fine lo stesso volume del caso precedente, il gas si raffredda e perde pressione.

    La cosa ha dei risvolti anche pratici e non solo teorici come potrebbe sembrare ad un primo colpo d'occhio.

    Ad esempio, la fase di riempimento del volume al punto morto superiore del Colibrì, va considerata a tutti gli effetti un'espansione iso-entalpica (tu la definisci giustamente isocora), e quindi come tale non comportando perdite di Energia del vapore alla fine non influisce sul rendimento della macchina stessa.

    La vera perdita nel Colibrì avviene al momento dello scarico, a fine espansione adiabatica: ma è una perdita "utile" del resto molto ben compensata dal fatto che mi risparmia la costruzione e la movimentazione della valvola di scarico.

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  3. ... ma se nella trasformazione iso-entalpica di un gas ideale non c'è scambio di calore (Q) con l'esterno, non c'è scambio di lavoro (L) con l'esterno e la temperatura assoluta (T) rimane costante, come mai l'entropia (Q/T) varia?

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    1. Ciao Mario,
      il rapporto fra il calore scambiato e la temperatura assoluta (Q/T) è uguale alla variazione di entropia (Delta S) solo in processi reversibili.
      Quello isoentalpico non è un processo reversibile quindi l’equazione (DeltaS=Q/T) non è applicabile.

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