Il rigeneratore di calore: basi teoriche

Il rigeneratore di calore è un dispositivo che impedisce il corto termico fra sorgente calda e serbatoio freddo. Una presentazione sommaria è stata già effettuata in due precedenti post: "Il rigeneratore di calore" e "Il rigeneratore di calore - parte seconda".
Per comprenderne il funzionamento è necessario introdurre il concetto di capacità termica.
La capacità termica di un corpo è la quantità di energia termica per unità di temperatura

CT = ET / T

in cui

CT è la capacità termica espressa in J K-1
ET è l'energia termica espressa in J
T è la temperatura espressa in K

La capacità termica di un corpo può essere determinata mediante la seguente relazione

CT = Csp * m

in cui

CT è la capacità termica del corpo espressa in J K-1
Csp è il calore specifico del materiale che compone il corpo espresso in J K-1 kg-1
m è la massa del corpo espressa in kg

Ora che abbiamo definito la capacità termica è possibile iniziare la spiegazione del rigeneratore di calore.

Immaginiamo di far passare del gas caldo attraverso un tubo metallico freddo. Il gas si raffredda cedendo parte del suo calore al tubo che invece si riscalda.
Dopo il passaggio del gas, il tubo è mediamente più caldo, ma la temperatura non è costante per tutta la sua lunghezza.
Essa è più elevata, al limite uguale a quella del gas in ingresso, verso l'estremità da cui entra il gas caldo. Spostandosi verso l'estremità da cui esce il gas, la temperatura del tubo è sempre meno calda ed al limite potrebbe risultare invariata rispetto a quella antecedente al passaggio del gas caldo.
Se del gas freddo viene fatto passare nello stesso tubo in direzione opposta alla precedente, il gas si riscalda prelevando parte del calore dal tubo che invece si raffredda.
Questo processo, chiamato rigenerazione termica, è tanto più efficiente quanto minore è il tempo che intercorre fra i due passaggi perchè un tempo breve minimizza sia la conduzione del calore attraverso la parete del tubo sia le perdite termiche verso l'ambiente.
Un tempo breve permette di ridurre la perdita del gradiente termico lungo il tubo.
Il gradiente termico può essere mantenuto più a lungo utilizzando un tubo multimateriale, in cui cilindretti metallici si alternano a cilindretti termicamente isolanti come in figura.


Un'alternativa alla precedente è un tubo termicamente isolante contenente una serie di reticelle spaziate fra loro e disposte trasversalmente alla direzione del flusso.


Con dei calcoli piuttosto lunghi, ma non complessi è possibile determinare approssimativamente la temperatura di ogni livello di rete.
Il risultato di questi calcoli può essere sintetizzato in due principi guida per la costruzione del rigeneratore.

PRIMO PRINCIPIO
La capacità termica di ogni strato di rete deve essere la più piccola possibile.
Poichè la capacità termica dipende dalla massa e dal calore specifico, sono preferibili materiali a basso calore specifico e reti con fili sottili.

SECONDO PRINCIPIO
Il numero di livelli deve essere almeno sufficiente per impedire la saturazione del rigeneratore.
Questo numero dipende dalla quantità di gas da rigenerare e dalle sue temperature calda e fredda.

Nel prossimo post entreremo in maggior dettaglio nel dimensionamento di un rigeneratore di calore.
Per il caso del motore di Manson adottato come esempio negli episodi precedenti verrà individuato il numero degli elementi che compongono il rigeneratore di calore e la loro massa.

Efficienza del rigeneratore e rendimento del motore di Manson

Dall'episodio 02 relativo al motore di Cayley free piston, analogo termodinamico del Manson free piston, sappiamo che in assenza di rigenerazione termica il rendimento è estremamente basso.
In questo post verrà approfondita la relazione esistente fra l'efficienza del rigeneratore e la resa del motore di Manson.
Riprendiamo per comodità i dati relativi all'esempio nell'episodio 09.

DATI MOTORE
Diametro pistone: 110 mm
Diametro dislocatore: 200 mm
Scalda/Sfredda: 1,434
Corsa pistone: 50 mm
Cilindrata: 1571 cm3

CONDIZIONI OPERATIVE
Temperatura fredda: 50°C
Temperatura calda: 400°C
Pressurizzazione: 1 atm = 101.325 Pa

PRESTAZIONI
Lavoro utile per ciclo: 18,0 J
Energia termica assorbita per ciclo: 59,5 J
Rendimento teorico: 30,2%

Il rendimento teorico è quello relativo al caso di rigenerazione termica ideale.
Per poter valutare cosa accade in presenza di inefficienza nella rigenerazione termica serve l'informazione sulla quantità di calore rigenerato. Per quanto già visto nei post precedenti, sappiamo che il suo valore dipenderà dal tipo di gas.
La seguente tabella raccoglie i tre valori.

TIPO DI GAS ENERGIA TERMICA DA RIGENERARE
Monoatomico 251J
Biatomico 372J
Poliatomico 492J

Per determinare la quantità di calore realmente rigenerata, basta moltiplicare l'efficienza del rigeneratore per la quantità di calore da rigenerare riportata in tabella. Pertanto il calore assorbito dalla macchina diventa

Qreale = Qassorbito con rigeneratore ideale + ( 1 - Efficienza rigeneratore ) * Energia termica da rigenerare

Si noti che il rendimento è l'unico parametro variabile nell'equazione in quanto tutte le altre grandezze hanno un valore costante a parità di macchina, di condizioni operative e di fluido di lavoro.
L'equazione è quella di una retta con pendenza negativa del tipo

y = - m * x + q

in cui

y è il Qreale
m è la pendenza della retta ed è uguale all'energia termica da rigenerare
x è l'efficienza del rigeneratore
q è il termine noto ed è uguale alla somma Qassorbito con rigeneratore ideale + Energia termica da rigenerare

Nel grafico è stato rappresentato l'andamento del calore assorbito in funzione dell'efficienza del rigeneratore per i tre tipi di gas.


Il grafico mostra che i calori assorbiti coincidono quando l'efficienza del rigeneratore è del 100%, ma sono diversi in tutti gli altri casi.
In presenza di inefficienza a carico del rigeneratore l'assorbimento di calore risulta maggiore col gas poliatomico, intermedio con il biatomico, minore con quello monoatomico.
In caso di efficienza nulla, il calore assorbito è dato da

Qreale = Qassorbito con rigeneratore ideale + Energia termica da rigenerare

Una cosa importante da notare è che il rigeneratore riduce il carico termico sulla parete fredda e sulla parete calda.
All'ingresso in camera fredda il gas si è già parzialmente raffreddato nel passaggio attraverso il rigeneratore cedendo a quest'ultimo parte del suo calore.
All'ingresso in camera calda il gas si è già parzialmente riscaldato nel passaggio attraverso il rigeneratore prelevando da quest'ultimo il calore accumulato in precedenza.
Maggiore è l'efficienza del rigeneratore, minori saranno gli scambi termici a carico delle pareti.

L'equazione che permette di determinare il rendimento in funzione dell'efficienza del rigeneratore è la seguente

Efficienza = Lavoro utile / Qreale =
= Lavoro utile / [ Qassorbito con rigeneratore ideale + ( 1 - Efficienza rigeneratore ) * Energia termica da rigenerare ]

Nella figura che segue, è stato graficato l'andamento del rendimento in funzione dell'efficienza del rigeneratore per i tre tipi di gas.


I grafici mostrano che in presenza di inefficienza nella rigenerazione il rendimento del motore dipende dal tipo di gas. Esso risulta massimo nel caso del gas monoatomico, intermedio nel caso del gas biatomico, il più basso per quello poliatomico.
Si noti che anche una piccola inefficienza del rigeneratore penalizza fortemente il rendimento del motore. Con rigenerazione all'80% di efficienza il rendimento diventa il 16% col gas monoatomico, il 13% con quello biatomico, l'11% con il poliatomico.

Il rigeneratore di calore apporta un contributo fondamentale al rendimento di questa macchina.
Dovrà perciò essere studiato e realizzato al meglio per poter ottenere rese di funzionamento utili, ma con estrema attenzione ai costi per preservare l'economicità dell'impianto.
Con un prezzo dell'energia elettrica da 0,15 a 0,20 euro/kWh, un impianto che costa 1 euro/W impiega da 5000 a 6700 ore (da 208 a 279 giorni) di funzionamento per produrre una quantità di energia elettrica pari al valore della macchina.

L'alternatore lineare

Il termine alternatore indica un dispositivo che converte l'energia meccanica in energia elettrica.
I più diffusi sono gli alternatori rotanti di cui l'esempio per eccellenza è rappresentato dalla dinamo della bicicletta.
Meno conosciuti sono gli alternatori lineari, dispositivi che permettono di convertire l'energia meccanica di un moto oscillante come quello di un pistone in energia elettrica evitando il passaggio per il moto rotatorio. In questo post verranno presentati alcuni spunti per la comprensione di questo tipo di alternatori.

I magneti permanenti, volgarmente detti calamite, sono alla base del funzionamento degli alternatori ad alta efficienza.
Un magnete permanente è un corpo solido dotato di magnetizzazione propria. La magnetizzazione è una proprietà fisica dotata di direzionalità e questa caratteristica viene individuata specificando la posizione del polo nord e del polo sud del magnete.
Nella sua concezione più semplice, un alternatore lineare è costituito da una calamita che entra ed esce da una spira elettricamente conduttiva con un movimento parallelo al suo asse nord-sud.
Ai capi della spira si genera una differenza di potenziale elettrico alternante che applicata ad un circuito esterno causa la comparsa di una corrente alternata.
Se la spira viene sostituita da un avvolgimento di N spire, la differenza di potenziale ai capi dell'avvolgimento aumenterà di N volte.
Questa configurazione presenta l'inconveniente di avere, anche con le più potenti calamite presenti in commercio, una capacità di conversione estremamente bassa.
Per fare in modo che il dispositivo riesca a produrre una quantità utile di energia elettrica sono necessari alcuni accorgimenti costruttivi che permettono di fare accoppiare meglio il campo magnetico della calamita con l'avvolgimento.
In pratica vengono realizzate delle strutture in materiale magnetizzabile che fungono da convogliatori del campo magnetico e ne migliorano la concatenazione all'avvolgimento.

La prima animazione mostra un esempio di alternatore lineare con un singolo magnete permanente.


L'elemento mobile in figura è costituito da tre elementi distinti.
Due zone esterne di colore verde in materiale magnetizzabile e dal magnete permanente rappresentato dalla zona blu e dalla zona rossa.
L'avvolgimento elettrico è di colore arancione e circonda l'elemento mobile che contiene il magnete.
Il pezzo viola è in materiale magnetizzabile e chiude il percorso magnetico fra il polo nord e il polo sud del magnete quando l'elemento mobile si trova al centro della parte fissa.

Di seguito un alternatore con due magneti.


L'elemento mobile in figura è costituito da 5 elementi distinti.
Tre zone di colore verde in materiale magnetizzabile e due magneti contrapposti (Sud-Nord Nord-Sud oppure Nord-Sud Sud-Nord) separati fra loro dalla zona verde centrale.

L'animazione di seguito mostra cosa succede se invece di sdoppiare il magnete viene sdoppiato l'avvolgimento.


Naturalmente è possibile adottare anche entrambe le modifiche contemporaneamente.


Presentiamo ora una configurazione meno ovvia delle precedenti in cui sono fissi sia i magneti sia l'avvolgimento.


In questo caso il magnete è all'esterno dell'avvolgimento e in figura viene mostrato con una forma ad anello, ma può essere sostituito con una serie di magneti più piccoli di qualunque forma.
L'elemento mobile è rappresentato da un singolo blocco di materiale magnetizzabile.
Anche qui il percorso magnetico è chiuso quando il corpo mobile si trova al centro dell'avvolgimento.
Sdoppiando l'elemento magnetizzabile nel corpo mobile si ottiene la configurazione che segue.


In questa animazione il corpo mobile è costituito da due pezzi di materiale magnetizzabile separati da una zona bianca che rappresenta materiale non magnetizzabile.
L'animazione di seguito mostra cosa accade se invece di sdoppiare il materiale magnetizzabile del corpo mobile viene sdoppiato l'avvolgimento.


Anche in questo caso è possibile adottare entrambe le modifiche contemporaneamente.


La possibilità di impiegare un generatore lineare per la conversione dell'energia meccanica di un pistone in energia elettrica dipende fortemente dalla sua frequenza di pulsazione. Maggiore è la frequenza, cioè quanto più rapido è il suo movimento, maggiori sono le possibilità di estrarre energia elettrica tramite dispositivi con ingombro e costi sostenibili.
Negli episodi precedenti è stato presentato il motore di Manson con rigenerazione termica in versione free piston.
In un futuro post forse vedremo che con una simulazione numerica della dinamica è possibile fare una stima approssimativa della frequenza di pulsazione, ma la certezza passa necessariamente attraverso la costruzione di un prototipo.

Il motore di Manson free piston - Episodio 09

Nel campo dei motori a combustione esterna è facile farsi prendere dall'entusiasmo perdendo il contatto con la realtà dei fatti.
In questo post verranno proposte una serie di considerazioni di carattere generale per cercare di ampliare la visione d'insieme e accentuare le capacità critiche nei confronti dell'analisi teorica affrontata fino a questo punto.

Iniziamo col definire un motore di dimensioni ragionevoli di cui verrà valutato il lavoro risultante e il fabbisogno termico. Di quest'ultimo verrà data un'idea tangibile traducendolo in quantità di combustibile consumata.

DATI MOTORE
Diametro pistone: 110 mm
Diametro dislocatore: 200 mm
Scalda/Sfredda: 1,434
Corsa pistone: 50 mm
Cilindrata: 1571 cm3

CONDIZIONI OPERATIVE
Temperatura fredda: 50°C
Temperatura calda: 400°C
Pressurizzazione: 1 atm = 101.325 Pa

PRESTAZIONI
Lavoro utile per ciclo: 18,0 J
Energia termica assorbita per ciclo: 59,5 J
Rendimento teorico: 30,2%

Vogliamo a questo punto quantificare in modo più concreto a cosa corrispondono i 59,5J di energia termica assorbita convertendoli in massa di legna da ardere.
Il potere calorico della legna asciutta di buona qualità è di 14.600kJ/kg corrispondenti a circa 3.500kcal/kg.
Dalla combustione di 1 grammo di legna si liberano 14,6kJ=14.600J di energia termica sufficienti (almeno in teoria) a fare funzionare il motore per 14.600J/59,5J=245 cicli.

In questo blog è stato scelto di utilizzare il Joule (simbolo J) come unità di misura per il lavoro e per tutti i tipi di energia, compresa quella termica, in accordo con quanto stabilito dal Sistema Internazionale. La scelta potrebbe apparire insolita perchè è pratica molto comune esprimere l'energia termica in calorie (simbolo cal).
L'esistenza di diverse unità di misura per una stessa grandezza fisica è la regola e non l'eccezione. Il motivo della diversità ha origini storico/geografiche e solo il tempo permetterà l'unificazione delle unità di misura a ogni livello in tutto il mondo.
L'adozione di un'unità di misura comune per l'energia e per il lavoro trova motivazione anche nella volontà di esprimere la loro equivalenza evitando in questo modo anche le inutili complicazioni dovute alle conversioni fra le diverse unità.
Comunque, ove possibile, i risultati verranno riportati anche nelle unità di misura tradizionali per agevolare al massimo la comprensione.

Nella sezione "PRESTAZIONI" sono stati quantificati lavoro ed energia.
Stabilendo una frequenza di pulsazione, cioè il numero di cicli effettuati nell'unità di tempo, è possibile calcolare la potenza, cioè l'energia termica fornita e il lavoro prodotto nell'unità di tempo.

Anche in questo caso è stato scelto di seguire le disposizioni del Sistema Internazionale esprimendo la frequenza in hertz (simbolo Hz o anche s-1) anche se in ambito motoristico la regola sarebbe stata quella di utilizzare le rotazioni per minuto (simbolo rpm).

Il vantaggio di utilizzare l'hertz come unità di misura della frequenza e il Joule come unità di misura dell'energia e del lavoro appare lampante dalla semplicità della seguente relazione

Potenza = Lavoro o Energia * Frequenza

in cui la potenza risulta espressa in Watt (simbolo W) quando il lavoro o l'energia vengono espressi in Joule e la frequenza in hertz.

Ritornando all'esempio, a 1Hz (60rpm) il motore svilupperà una potenza meccanica di 18W con un assorbimento termico di 59,5W. A 10Hz (600rpm) le due grandezze saranno 10 volte maggiori.
Ricordiamo che pressurizzando è possibile ottenere potenze meccaniche maggiori a parità di rendimento teorico.

I motori a combustione esterna trovano applicazione soprattutto nell'ambito della cogenerazione elettrica.
Per il funzionamento del motore di Manson sono necessarie temperature facilmente raggiungibili con molti tipi di combustibile (legna, pellet, cippato, mais, granaglie, ...).
Ma la prima valutazione da fare è l'efficienza a cui l'impianto cogenerativo diventa economicamente vantaggioso.
L'energia elettrica della rete costa 0,15-0,20euro/kWh dove 1kWh = 3.600kJ.
Il prezzo della legna varia da 0,10 a 0,15 euro/kg con un potere calorico di 14.600kJ/kg = 4kWh/kg.
Dai dati sopra, nella migliore delle ipotesi è sufficiente un rendimento pari a

rendimento per pareggio costi = prezzo combustibile / [ potere calorico * prezzo energia elettrica ] =
= 0,10 euro/kg / [ 4kWh/kg * 0,20 euro/kWh ] = 0,125 (12,5%)

nell'ipotesi peggiore

rendimento per pareggio costi = prezzo combustibile / [ potere calorico * prezzo energia elettrica ] =
= 0,15 euro/kg / [ 4kWh/kg * 0,15 euro/kWh ] = 0,25 (25%)

Concludiamo con una considerazione che dovrebbe mettere in guardia da ingiustificati entusiasmi.
Anche se il motore di Manson free piston dell'esempio presenta un rendimento teorico del 30,2% quindi superiore a quello necessario per rendere il sistema economicamente vantaggioso, nella realtà il rendimento risulterà sicuramente sempre molto più basso a causa delle inevitabili perdite presenti nella situazione reale (inefficienza della caldaia, attriti, perdite fluidodinamiche, inefficienza del rigeneratore di calore, by-pass termici, inefficienza dell'alternatore, ...).
Nel conteggio si è intenzionalmente valutata solo la produzione di energia elettrica e in questo caso difficilmente sarà possibile ottenere un reale vantaggio economico se il combustibile ha il costo dichiarato (se invece costa meno o è addirittura gratis la situazione diventa molto più favorevole).
Ma allarghiamo la visione d'insieme per cogliere le reali possibilità offerte dalla combustione esterna.
La temperatura fredda operativa di 50°C adottata nell'esempio permette infatti anche la produzione di acqua calda per uso sanitario e per il riscaldamento.
In questo caso il vantaggio economico diventa subito apprezzabile e l'uso di un motore semplice ed essenziale come il motore di Manson può realmente costituire un'opportunità.

Il motore di Manson free piston - Episodio 08

Il motore di Manson con aspirazione e scarico atmosferico è un motore in cui il lavoro utile per unità di volume è piuttosto basso. Questa caratteristica è comune a tutti i motori a gas e viene in genere risolta pressurizzando la macchina.
Il lavoro utile dipende linearmente dalla pressurizzazione: se la pressione dopo lo scarico e dopo l'aspirazione viene portata a 2 atmosfere, il lavoro utile raddoppia. Ciò nonostante, il rendimento non varia perchè raddoppia pure il calore assorbito (e naturalmente raddoppia anche il calore da rigenerare).
Vediamo ora come, con la semplice modifica rappresentata nell'animazione, si riesce a rendere pressurizzabile la macchina vista nell'episodio 07.


In questo motore lo scarico e l'aspirazione avvengono in una camera sigillata all'esterno.
La costruzione risulta facilmente accessibile e non aggiunge particolari difficoltà alla versione precedente. Le uniche criticità che la caratterizzano restano limitate alle due valvole a luce e alla tenuta fredda del pistone.
Come nella versione atmosferica, la molla a gas sotto al pistone deve essere opportunamente dimensionata e pressurizzata.
E' importante considerare che la pressurizzazione della molla dipende dalla pressurizzazione del motore, pertanto se si cambia quella del motore è necessario variarla anche sulla molla.
Tale inconveniente può essere risolto modificando la parte inferiore del pistone come illustrato nella seguente animazione.


In questo caso è presente una seconda molla a gas.
Entrambe le molle lavorano in compressione dopo che le rispettive luci di comunicazione con la zona esterna al cilindro sono state intercettate.
Questa configurazione è certamente più complessa della precedente.
Tuttavia va notato che non necessita di una perfetta tenuta pneumatica perchè le pressioni nelle due molle si riportano alla stessa pressione presente nella zona esterna al cilindro a ogni nuovo ciclo.
La stessa configurazione con la doppia molla in compressione può essere adottata anche per la versione atmosferica.

Di seguito il modello tridimensionale che rende più chiara la costruzione del motore pressurizzabile.


Questa configurazione è particolarmente interessante perchè permette di variare la pressurizzazione senza interrompere il funzionamento e perciò rende possibile la modulazione "in corsa" della potenza meccanica in uscita a parità di temperature operative.
Bisogna considerare però che lo spostamento del pistone determina un fenomeno di ventilazione nelle camere inferiori a cui sono associate perdite fluidodinamiche che sono assenti nella versione con molla a gas singola.

Il motore di Manson free piston - Episodio 07

Nei primi 6 episodi sono state presentate e analizzate versioni free piston a combustione esterna del motore di Cayley. La trattazione si è conclusa con la considerazione che uno dei limiti costruttivi più evidenti di questo motore è la tenuta del pistone caldo.
In questo post vedremo che esiste il modo per evitarla conservando contemporaneamente i vantaggi della rigenerazione termica.

Poichè la modifica costruttiva da effettuare rimuove la somiglianza strutturale con il motore di Cayley (e quello di Ericsson), le varianti senza tenuta calda saranno identificate come motori di Manson.
Per rimarcare la continuità con i precedenti post, la numerazione degli episodi indicata nel titolo è stata mantenuta nonostante la variazione del nome del motore.

L'animazione che segue è relativa ad un motore di Manson free piston con rigenerazione termica completa.


Il corpo mobile di questo motore è composto da due elementi fra loro solidali: il pistone e il dislocatore.
Il pistone è il pezzo inferiore. Dal suo accoppiamento con il cilindro dipende la tenuta pneumatica del motore e trattandosi di una tenuta fredda può essere realizzata in modo ottimale.
Il dislocatore è il pezzo superiore ed è responsabile dello spostamento del gas da una camera all'altra, la sua tenuta non è importante come la precedente per due motivi.
Il primo è che il dislocatore separa due camere con la stessa pressione e quindi eventuali trafilamenti saranno sempre molto ridotti.
Il secondo motivo è che il gas trafilato non sfugge dal motore, ma resta al suo interno.

Anche se dal punto di vista termodinamico il ciclo di Manson è identico a quello di Cayley, il diverso arrangiamento costruttivo richiede un discreto sforzo mentale per capire come cambia il volume per effetto dello spostamento del pistone.
In questo motore il volume aumenta quando il pistone scende, diminuisce quando il pistone sale.
Per poter trasferire al motore di Manson le formule individuate per il motore di Cayley bisogna ridefinire il concetto di superficie calda e di superficie fredda.
In questo caso per superficie calda si intende la superficie superiore del dislocatore mentre la superficie fredda viene ridefinita come differenza fra la superficie calda e la superficie del pistone

Sfredda = Scalda - Spistone

da cui

Scalda / Sfredda = Scalda / ( Scalda - Spistone )

Quest'ultima relazione mostra che per aumentare il rapporto fra la superficie calda e la superficie fredda bisogna aumentare la superficie del pistone.

Un esempio chiarisce meglio l'idea.

Ipotizziamo che il dislocatore abbia un diametro di 100mm (raggio: 50mm) e che il diametro del pistone sia pari a 40mm (raggio: 20mm)

Scalda = 50mm * 50mm * pi.greco = 7.854 mm2 = 78,54 cm2
Spistone = 20mm * 20mm * pi.greco = 1.257 mm2 = 12,57 cm2
Sfredda = Scalda - Spistone = 78,54 cm2 - 12,57 cm2 = 65,97 cm2
Scalda / Sfredda = 1,19

Ora ricalcoliamo le varie grandezze con un pistone di diametro maggiore, per esempio pari a 50mm (raggio: 25mm)

Scalda = 50mm * 50mm * pi.greco = 7.854 mm2 = 78,54 cm2
Spistone = 25mm * 25mm * pi.greco = 1.963 mm2 = 19,63 cm2
Sfredda = Scalda - Spistone = 78,54 cm2 - 19,63 cm2 = 58,9 cm2
Scalda / Sfredda = 1,33

Il rapporto fra superficie calda e superficie fredda è passato da 1,19 con il pistone di diametro 40mm a 1,33 con il pistone di diametro 50mm.

Per quanto riguarda il rendimento abbiamo già visto che è valutabile usando la seguente relazione

rendimento = 1 - ( Sfredda / Scalda )

In base alla nuova definizione di Sfredda stabilita per il motore di Manson, la formula si riorganizza come segue

rendimento = 1 - ( Sfredda / Scalda ) =
= 1 - [ ( Scalda - Spistone ) / Scalda ] =
= 1 - [ 1 - ( Spistone / Scalda ) ] =
= Spistone / Scalda

Riprendendo i dati dell'esempio sopra si ha:

Diametro dislocatore: 100 mm
Diametro pistone: 40 mm

rendimento = Spistone / Scalda = 12,57 cm2 / 78,54 cm2 = 0,16 (cioè il 16%)

Diametro dislocatore: 100 mm
Diametro pistone: 50 mm

rendimento = Spistone / Scalda = 19,63 cm2 / 78,54 cm2 = 0,25 (cioè il 25%)

L'animazione proposta all'inizio è una schematizzazione estrema dell'idea di fondo, ma per valutare concretamente una possibile realizzazione il modello tridimensionale è indubbiamente più efficace.
L'animazione di seguito mostra un motore con rapporto fra superficie calda e superficie fredda pari a 1,333.



La versione Manson free piston di questo post sfrutta la spinta della molla a gas nella camera sotto al pistone per invertirne il moto dopo la fase di scarico e dopo la fase di aspirazione.
Questa camera deve ovviamente essere opportunamente dimensionata e pressurizzata.
Naturalmente la molla pneumatica può essere sostituita da una adeguata molla elicoidale. Questa molla dovrà lavorare in spinta dopo la fase di scarico (il pistone è in basso) e in trazione dopo la fase di aspirazione (il pistone è in alto).
A scanso di equivoci, anche il sistema biella-manovella è un'opzione applicabile a questo motore per convertire il moto oscillante in moto rotatorio, ma in questo caso non sarebbe più free piston.

Concludiamo il post con una riflessione.
Il motore di Manson viene proposto nel web in versioni senza rigenerazione termica.
Come per il Cayley dell'episodio 01 e dell'episodio 02, anche il rendimento di queste versioni è ovviamente estremamente modesto (pochi punti percentuali).
A mio avviso è stata l'ampia diffusione di queste proposte senza rigenerazione termica che ha fatto ingiustamente etichettare il motore di Manson come esempio di motore a basso rendimento.

Il motore di Cayley free piston - Episodio 06

Nel precedente post abbiamo visto che il rapporto fra la superficie del pistone caldo e la superficie del pistone freddo (Scalda/Sfredda) determina il rendimento e il lavoro utile del ciclo Cayley.
Fra le altre cose abbiamo scoperto che spingendo il rapporto Scalda/Sfredda verso il valore del rapporto Tcalda/Tfredda, il rendimento si avvicina al rendimento di Carnot, ma contemporaneamente il lavoro utile diminuisce fino ad annullarsi.

Ora vediamo cosa accade quando viene variata la temperatura calda tenendo costante il rapporto Scalda/Sfredda, cioè modificando la temperatura operativa calda a parità di macchina.

Nella figura che segue sono rappresentati i cicli Cayley a varie temperature per un rapporto Scalda/Sfredda di 1,5.


Prima di tutto consideriamo il caso estremo in cui Tcalda=450K.
In figura corrisponde alla linea orizzontale rossa.
Questa temperatura calda fa corrispondere il rapporto Tcalda/Tfredda al rapporto Scalda/Sfredda.
Abbiamo già visto che in questo caso il gas compie una trasformazione di tipo isobaro e non può funzionare.
Se il rapporto fra la superficie calda e la superficie fredda è pari a 1,5 e la temperatura fredda è di 300K (circa 27°C), il motore può funzionare soltanto se la temperatura calda supera i 450K (circa 177°C).

Gli altri cicli in figura mostrano che oltre i 450K è presente un vero e proprio ciclo di Cayley.
Dal grafico si estrapola che le pressioni massima e minima del ciclo dipendono dalla temperatura calda.
Al crescere della temperatura calda, la pressione massima aumenta, la pressione minima diminuisce.

La figura evidenzia anche un'altra cosa molto importante.
L'area del ciclo e quindi il lavoro utile crescono all'aumentare della temperatura calda: la potenza specifica del motore dipende dalla temperatura calda.

Ora che abbiamo le idee un po' più chiare su quello che accade alla potenza specifica variando la temperatura calda, è il momento di analizzare anche cosa accade al rendimento.

In figura è stato riportato l'andamento del rendimento e del lavoro utile per una temperatura calda variabile da 450K, circa 177°C (limite inferiore di funzionamento), a 900K (circa 627°C).


Il grafico mostra che il rendimento non cambia al variare di Tcalda (linea azzurra orizzontale).
Nel ciclo Cayley è la costruzione del motore, cioè il rapporto fra superficie calda e superficie fredda, a stabilire il rendimento.
Questo comportamento appare come un'anomalia nel contesto dei motori esotermici.
La formula seguente fornisce la relazione fra rendimento e rapporto fra le superfici

rendimento = 1 - ( Sfredda / Scalda )

Questa equazione nel caso in cui

Scalda/Sfredda = Tcalda/Tfredda

diventa

rendimento = 1 - ( Tfredda / Tcalda )

che è la formula del rendimento di Carnot.

Non va dimenticato che il rapporto fra le superfici vincola anche la temperatura calda minima per il funzionamento

Tcalda, minima > Tfredda * Scalda / Sfredda

Viceversa, se si è interessati ad una macchina con un rendimento definito basta regolare il rapporto fra le superfici sul valore dato dalla seguente relazione

Scalda / Sfredda = 1 / ( 1 - rendimento )

Per esempio, se si è interessati a una macchina con rendimento del 20%, il rapporto fra la superficie calda e la superficie fredda deve essere

Scalda / Sfredda = 1 / ( 1 - 0,20 ) = 1 / 0,80 = 1,25

Se la temperatura fredda è pari a 300K, il motore potrà funzionare quando la temperatura calda supera il valore di

Tcalda, minima > Tfredda * Scalda / Sfredda = 300 K * 1,25 = 375 K

In prossimità di questa temperatura la potenza specifica sarà bassa, ma può essere aumentata operando con Tcalda più elevata.

Con questo post si conclude la prima parte del capitolo dedicato al motore di Cayley esotermico.
A livello costruttivo il punto debole più evidente di questo motore è la necessità della tenuta in corrispondenza del pistone caldo.
Nel prossimo post vedremo come è possibile risolvere elegantemente anche questo problema mantenendo contemporaneamente tutti i benefici a livello di rendimento raggiunti con l'introduzione della rigenerazione termica.
Se finora sono state presentate versioni semplici sulla carta, ma difficilmente realizzabili in pratica, le prossime proposte avranno tutte le carte in regola per poter essere costruite.

Ultima pubblicazione

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Premise: "Cold nuclear fusion and LENR: one thousand nine hundred and ninety-nine ways not to do them" Introduction: "Exper...


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