Una particella di massa m dotata di carica elettrica q0 subisce un’accelerazione a se sottoposta all’azione di un campo elettrostatico E. Le equazioni che legano la forza F alle altre grandezze fisiche sono le seguenti
F = m·a = q0·E
Mentre in condizioni classiche la massa è costante, è comunemente accettato che in condizioni relativistiche (velocità v prossime a quelle della luce c) la massa della particella non è più una costante ma dipende dalla massa a riposo m0 moltiplicata per un fattore dipendente dalla velocità (relazione di Einstein per la massa relativistica):
F = m·a = q0·E
Mentre in condizioni classiche la massa è costante, è comunemente accettato che in condizioni relativistiche (velocità v prossime a quelle della luce c) la massa della particella non è più una costante ma dipende dalla massa a riposo m0 moltiplicata per un fattore dipendente dalla velocità (relazione di Einstein per la massa relativistica):
Si noti che tale relazione porta a stimare un valore di massa tendente a infinito al tendere della velocità a quella della luce.
Nel pezzo intitolato “Dalla relazione di Einstein alla massa radiante” è stato introdotto il concetto di massa radiante mv che si riassume nella seguente relazione:
mv = m0/(1 - ½·v²/c²)
A differenza della relazione di Einstein, questa seconda equazione permette di calcolare che il valore della massa radiante, ovvero la massa che viaggia alla velocità della luce, è esattamente pari al doppio del valore della massa a riposo.
Se, come per la massa, si introduce la possibilità che la carica elettrica possa dipendere dalla velocità si apre una serie di considerazioni molto interessanti.
Si tratta in sostanza di accettare che la carica elettrica relativistica qr possa assumere questa forma
qr = f(v) · q0
in cui f(v) è una funzione della velocità ed è ragionevole e comodo pensare che assuma valore 1 quando la velocità è nulla (estremo classico) e valore 0 quando la velocità è pari a c (estremo relativistico).
Tenendo conto delle equazioni della forza, della relazione di Einstein per la massa relativistica e di quella per la massa radiante si stabilisce che la funzione f(v) assume questa forma
Nel pezzo intitolato “Dalla relazione di Einstein alla massa radiante” è stato introdotto il concetto di massa radiante mv che si riassume nella seguente relazione:
mv = m0/(1 - ½·v²/c²)
A differenza della relazione di Einstein, questa seconda equazione permette di calcolare che il valore della massa radiante, ovvero la massa che viaggia alla velocità della luce, è esattamente pari al doppio del valore della massa a riposo.
Se, come per la massa, si introduce la possibilità che la carica elettrica possa dipendere dalla velocità si apre una serie di considerazioni molto interessanti.
Si tratta in sostanza di accettare che la carica elettrica relativistica qr possa assumere questa forma
qr = f(v) · q0
in cui f(v) è una funzione della velocità ed è ragionevole e comodo pensare che assuma valore 1 quando la velocità è nulla (estremo classico) e valore 0 quando la velocità è pari a c (estremo relativistico).
Tenendo conto delle equazioni della forza, della relazione di Einstein per la massa relativistica e di quella per la massa radiante si stabilisce che la funzione f(v) assume questa forma
È facile verificare che l’equazione indicata assume valore unitario per v=0 e valore nullo per v=c come desiderato. Il grafico di seguito mostra l'andamento della carica elettrica relativistica in funzione della velocità
Si noti che fino a una velocità pari al 30% di quella della luce (v/c=0,3) lo scostamento fra il valore della carica elettrica relativistica e quello di riposo è estremamente ridotto (qr/q0≈1).
L'aver introdotto la carica relativistica permette prima di tutto di dare una risposta classica al perché la massa relativistica sembra tendere a infinito all’avvicinarsi alla velocità della luce.
Essendo l'accelerazione uguale al rapporto tra forza e massa ed essendo la forza pari al prodotto del campo elettrico per la carica, nell’assunzione di carica elettrica costante e quindi anche di forza costante, la diminuzione dell’accelerazione a parità di campo elettrico non poteva che essere spiegata con un incremento di massa.
Ora, avendo aperto la possibilità che la carica elettrica dipenda dalla velocità chiarisce invece che è la forza elettrica a essere sempre più debole all’aumentare della velocità perché è la carica elettrica che tende a svanire. Pertanto non è più necessario invocare la necessità che la massa tenda a infinito per giustificare un’accelerazione tendente a zero.
Dal momento che la carica elettrica si annulla al raggiungimento della velocità della luce, è impossibile provocare ulteriori accelerazioni perché la forza è nulla. In questo modo si spiega il motivo per cui la velocità della luce costituisce un limite invalicabile.
Oltre a questo, si osservi che l’annullamento della carica al raggiungimento della velocità della luce rende senz’altro più accettabile e credibile l’eventualità che la materia viaggiante alla velocità della luce sia a tutti gli effetti radiazione elettromagnetica in quanto viene rispettata la neutralità elettrica dei fotoni.
Un esperimento che potrebbe dirimere i dubbi e portare eventuali conferme alla carica relativistica è verificare se l’elettrone può essere o meno portato a un’energia superiore a 511keV.
In base a quanto esposto, questa energia rappresenta la soglia limite per l’elettrone. L’elettrone non può essere accelerato ulteriormente in quanto a questa energia raggiunge la velocità della luce e la sua carica si dovrebbe annullare. In questa ipotetica condizione l’elettrone dovrebbe essere a tutti gli effetti un fotone a 1022keV (in cui metà dell'energia proviene dalla massa a riposo e l’altra metà è stata fornita accelerandolo). Se ciò fosse reale, non è più possibile rallentarlo per mezzo di un campo elettrico opposto ripristinando uno stato di elettrone con velocità prossime a quelle della luce e sarebbe la prima dimostrazione sperimentale che la materia può effettivamente trasformarsi in radiazione elettromagnetica.
Si noti che fino a una velocità pari al 30% di quella della luce (v/c=0,3) lo scostamento fra il valore della carica elettrica relativistica e quello di riposo è estremamente ridotto (qr/q0≈1).
L'aver introdotto la carica relativistica permette prima di tutto di dare una risposta classica al perché la massa relativistica sembra tendere a infinito all’avvicinarsi alla velocità della luce.
Essendo l'accelerazione uguale al rapporto tra forza e massa ed essendo la forza pari al prodotto del campo elettrico per la carica, nell’assunzione di carica elettrica costante e quindi anche di forza costante, la diminuzione dell’accelerazione a parità di campo elettrico non poteva che essere spiegata con un incremento di massa.
Ora, avendo aperto la possibilità che la carica elettrica dipenda dalla velocità chiarisce invece che è la forza elettrica a essere sempre più debole all’aumentare della velocità perché è la carica elettrica che tende a svanire. Pertanto non è più necessario invocare la necessità che la massa tenda a infinito per giustificare un’accelerazione tendente a zero.
Dal momento che la carica elettrica si annulla al raggiungimento della velocità della luce, è impossibile provocare ulteriori accelerazioni perché la forza è nulla. In questo modo si spiega il motivo per cui la velocità della luce costituisce un limite invalicabile.
Oltre a questo, si osservi che l’annullamento della carica al raggiungimento della velocità della luce rende senz’altro più accettabile e credibile l’eventualità che la materia viaggiante alla velocità della luce sia a tutti gli effetti radiazione elettromagnetica in quanto viene rispettata la neutralità elettrica dei fotoni.
Un esperimento che potrebbe dirimere i dubbi e portare eventuali conferme alla carica relativistica è verificare se l’elettrone può essere o meno portato a un’energia superiore a 511keV.
In base a quanto esposto, questa energia rappresenta la soglia limite per l’elettrone. L’elettrone non può essere accelerato ulteriormente in quanto a questa energia raggiunge la velocità della luce e la sua carica si dovrebbe annullare. In questa ipotetica condizione l’elettrone dovrebbe essere a tutti gli effetti un fotone a 1022keV (in cui metà dell'energia proviene dalla massa a riposo e l’altra metà è stata fornita accelerandolo). Se ciò fosse reale, non è più possibile rallentarlo per mezzo di un campo elettrico opposto ripristinando uno stato di elettrone con velocità prossime a quelle della luce e sarebbe la prima dimostrazione sperimentale che la materia può effettivamente trasformarsi in radiazione elettromagnetica.
Eccezionale post che mette nuova luce sulla relatività,
RispondiElimina"Se ciò fosse reale, non è più possibile rallentarlo per mezzo di un campo elettrico opposto ripristinando uno stato di elettrone con velocità prossime a quelle della luce e sarebbe la prima dimostrazione sperimentale che la materia può effettivamente trasformarsi in radiazione elettromagnetica."
Ciò che scrivi si coniuga perfettamente con la Concezione Elettromagnetica della Spazio dell'Energia e della Materia, la materia è un'onda elettromagnetica stazionaria in equilibrio con lo Spazio
Ciao Spaxio,
Eliminala carica elettrica relativistica è un'interpretazione alternativa a quella (attuale) della massa relativistica in cui è solo la massa a fungere da capro espiatorio.
La variabilità della carica elettrica offre una spiegazione logica e intuitiva a diversi aspetti indigesti della relatività.
Qualche considerazione sulla prova suggerita nel testo.
Un esperimento che potrebbe dirimere i dubbi e portare eventuali conferme alla carica relativistica è verificare se l’elettrone può essere o meno portato a un’energia superiore a 511keV.
Per portare un elettrone a un’energia di 511keV non basta semplicemente accelerarlo nel vuoto con una tensione di 511kV.
Per quanto visto nel post, la carica potrebbe dipendere dalla velocità dell’elettrone tendendo a diminuire col crescere della velocità fino ad annullarsi al raggiungimento della velocità della luce.
Pertanto un elettrone che viene accelerato con una tensione di 511kV non raggiunge un’energia pari a 511keV perché la carica elettrica dell’elettrone accelerato è minore di quella a risposo.
Dal momento che la carica tende ad annullarsi avvicinandosi alla velocità della luce risulta che il campo elettrico utilizzato per accelerarla deve tendere a infinito. Questo tipo di requisito è identico a quello individuato dall’interpretazione della massa relativistica tendente a infinito.
Fisicamente, una situazione in cui il campo elettrico tende a infinito è quella in cui la carica è puntiforme (adimensionale).
L’elettrone e il positrone sono le due particelle cariche di segno opposto più piccole. Assumendole puntiformi, il campo elettrico nel punto in cui si trovano tende ad infinito. In effetti la collisione fra un elettrone e un positrone porta alla formazione di una coppia di fotoni gamma a 511keV (annichilazione elettronica).