La trasformazione adiabatica

Un gas compie una trasformazione adiabatica quando fa o subisce lavoro di volume senza scambiare calore con l'esterno.
Quando un gas compie un'espansione adiabatica effettua lavoro di volume, il volume aumenta mentre la pressione e la temperatura diminuiscono.
Quando un gas viene compresso adiabaticamente subisce lavoro di volume, il volume diminuisce mentre la pressione e la temperatura aumentano.

Nella trasformazione adiabatica, pressione e volume sono legati fra loro dalla seguente relazione

P * Vgamma = costante = Piniziale * ( Viniziale )gamma

in cui

P è la pressione
V è il volume
Piniziale è la pressione all'inizio della trasformazione
Viniziale è il volume all'inizio della trasformazione
gamma è il rapporto fra il calore specifico a pressione costante (Cp) e il calore specifico a volume costante (Cv) e vale 5/3 per il gas monoatomico ideale, 7/5 per il gas biatomico ideale, 9/7 per il gas poliatomico ideale

Dall'equazione precedente si arriva immediatamente a

P = costante / Vgamma

La trasformazione adiabatica in un diagramma P-V è rappresentata da un tratto curvo di tipo iperbolico.
A parità di stato iniziale, cioè a parità di P, V, n e T, l'andamento della curva dipende dal tipo di gas.
Di seguito sono state graficate le trasformazioni adiabatiche di compressione e di espansione per i tre tipi di gas.


Il grafico mostra che partendo dallo stesso stato iniziale, l'espansione adiabatica fa ridurre la pressione più rapidamente nel caso del gas monotomico, un po' meno rapidamente nel caso del biatomico e ancora meno nel caso poliatomico.
Sempre nel grafico, partendo dallo stesso stato iniziale ma seguendo i processi di compressione adiabatica, si vede che la pressione sale più rapidamente nel caso del gas monoatomico, un po' meno rapidamente nel caso del gas biatomico e ancora meno nel caso del gas poliatomico.
Unendo la relazione precedente con l'equazione di stato dei gas perfetti si trova la funzione che lega la temperatura al volume

T = P*V/(n*R) =
= ( Piniziale * ( Viniziale )gamma / Vgamma ) * V / ( n * R ) =
= [ Piniziale * ( Viniziale )gamma / ( n * R ) ] * V(1-gamma)

e poichè il termine fra parentesi quadre per una data trasformazione è costante, l'espressione sopra è della forma

T = costante * V(1-gamma)

Poichè gamma è sempre maggiore di 1 e quindi 1-gamma è negativo, la trasformazione adiabatica in un diagramma T-V è rappresentata da un tratto curvo di tipo iperbolico.
A parità di stato iniziale, cioè a parità di P, V, n e T, l'andamento della curva dipende dal tipo di gas.
Di seguito sono state graficate le trasformazioni adiabatiche di compressione e di espansione per i tre tipi di gas.


Il grafico mostra che partendo dallo stesso stato iniziale, l'espansione adiabatica fa ridurre la temperatura più rapidamente nel caso del gas monoatomico, un po' meno rapidamente nel caso del biatomico e ancora meno nel caso poliatomico.
Sempre nel grafico, partendo dallo stesso stato iniziale ma seguendo i processi di compressione adiabatica, si vede che la temperatura sale più rapidamente nel caso del gas monoatomico, un po' meno rapidamente nel caso del gas biatomico e ancora meno nel caso del gas poliatomico.

Una considerazione fondamentale è che nella trasformazione adiabatica è presente il lavoro di volume (con segno positivo se lavoro fatto dal gas, con segno negativo se lavoro subito dal gas). Il suo valore nel diagramma P-V è rappresentato dall'area sottesa dalla curva di trasformazione.

Matematicamente, l'area sottesa da una curva si calcola con l'operazione di integrale e nel caso specifico si scrive come segue


Di seguito sono stati raccolti in tabelle distinte i dati relativi ai processi di espansione e di compressione adiabatica per i quali era stato presentato il diagramma P-V.

PROCESSO DI ESPANSIONE ADIABATICA
Tipo di gas Monoatomico Biatomico Poliatomico
Viniziale 1 m3
Piniziale 100 kPa
Tiniziale 300 K
Vfinale 2 m3
Pfinale 32 kPa 38 kPa 41 kPa
Tfinale 189 K 227 K 246 K
gamma 5/3 7/5 9/7
Lavoro di volume 55,5 kJ 60,5 kJ 62,9 kJ
Variazione di Egas = n*Cv*(Tfinale-Tiniziale) -55,5 kJ -60,5 kJ -62,9 kJ

PROCESSO DI COMPRESSIONE ADIABATICA
Tipo di gas Monoatomico Biatomico Poliatomico
Viniziale 1 m3
Piniziale 100 kPa
Tiniziale 300 K
Vfinale 0,5 m3
Pfinale 317 kPa 264 kPa 244 kPa
Tfinale 476 K 396 K 366 K
gamma 5/3 7/5 9/7
Lavoro di volume -88,1 kJ -79,9 kJ -76,7 kJ
Variazione di Egas = n*Cv*(Tfinale-Tiniziale) 88,1 kJ 79,9 kJ 76,7 kJ

Guardando le ultime due righe delle tabelle appare evidente che il lavoro di volume è uguale alla variazione di energia termica del gas cambiata di segno. Per chiarimenti sulla definizione di energia termica del gas si rimanda a quanto già scritto.
L'adiabatica è una trasformazione in cui le uniche forme di energia coinvolte sono l'energia termica del gas e il lavoro di volume.
Nell'espansione adiabatica l'energia termica del gas viene trasformata in lavoro fatto dal gas.
Nella compressione adiabatica è il lavoro fatto sul gas che viene convertito in energia termica del gas.

37 commenti:

  1. Ho scoperto solo ora questo blog. Complimenti, è un'ottima iniziativa. Ne approfitto per cercare di chiarire una questione che mi assilla da parecchio tempo.
    Mi sembra che la compressione e l'espansione adiabatica di un gas assomigli molto alla compressione e all'espansione di una molla con l'energia potenziale che diventa massima quando il gas è compresso. Questa però è una descrizione perspicua sul piano della dinamica classica. Sul piano termodinamico però non riesco a visualizzare il motivo per cui l'energia interna del gas nella fase di compressione aumenta e nella fase di espansione diminuisce. A me verrebbe intuitivo pensare invece che l'energia interna sia nella fase di espansione che nella fase di compressione rimanga costante e che sia la temperatura a variare a causa della variazione di densità del gas.
    Oppure mi verrebbe da pensare che il gas nella fase di espansione perda calore irraggiando e in fase di compressione riassorba l'energia termica irraggiata.
    Dove sbaglio?

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    1. Ciao Libero,
      benvenuto sul blog. Ti ringrazio per i complimenti.

      L'argomento delle trasformazioni adiabatiche dei gas è complesso e tutt'altro che intuitivo.

      In ogni caso ti confermo che l'analogia fra una molla meccanica e un gas che compie trasformazioni adiabatiche è corretta.
      Infatti, quando una molla viene compressa, il lavoro fatto dall'esterno viene accumulato sotto forma di energia potenziale meccanica.
      Similmente, nella compressione adiabatica di un gas, il lavoro fatto dall'esterno viene accumulato dal gas sotto forma di energia termica (interna).
      In altre parole all'energia termica del gas corrisponde l'energia potenziale della molla.

      E' importante focalizzare il punto che non è vero che nelle trasformazioni adiabatiche il gas non scambia energia con l'esterno; solo gli scambi termici sono assenti, mentre il sistema assorbe e cede energia sotto forma di lavoro di volume.

      Il ragionamento sull'aumento di temperatura dovuto all'aumento di densità a seguito della compressione è insidioso e potrebbe portarti a delle conclusioni non corrette.

      Il discorso dell'irraggiamento invece è sbagliato. Nel sistema adiabatico questo tipo di scambi energetici è assente per definizione.

      Se non sono riuscito a risolvere i tuoi dubbi, non esitare a contattarmi nuovamente.

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  2. Ti sono molto grado della risposta e credo che in futuro ci saranno altre occasioni in cui profitterò della tua disponibilità.
    Credo, in effetti, che tu abbia ragione. Il mio problema sembra proprio essere quello di voler “vedere” in maniera intuitiva qualcosa che invece non lo è. Mentre mi risulta abbastanza intuitiva la trasformazione di lavoro in calore a causa dell'attrito non trovo altrettanto intuitiva la trasformazione di lavoro meccanico esterno fatto sul sistema in energia interna (nella compressione adiabatica di un gas), o viceversa la trasformazione di energia interna in lavoro meccanico fatto dal sistema verso l'esterno (nella espansione adiabatica dello stesso gas).
    In effetti in termodinamica quando si pensa al lavoro meccanico fatto dal sistema verso l'esterno si pensa sempre ad una sorgente di calore che riscalda il fluido che a sua volta si espande e mette in movimento il classico pistone. Quindi si presuppone sempre un flusso di calore da una sorgente calda al fluido freddo, flusso che ne fa aumentare l'energia interna.
    Quello che mi lascia perplesso, nella spiegazione classica fornita dai manuali sulla variazione dell'energia interna e quindi della temperatura nella compressione/espansione adiabatica di un gas, è questo: seguendo l'interpretazione statistica della termodinamica, verrebbe da pensare che quando un gas viene compresso le sue molecole, muovendosi in un volume più piccolo, dovrebbero urtare il termometro utilizzato per la rilevazione della temperatura con maggiore frequenza nell'unità di tempo e cedere al esso una maggiore quantità di calore rispetto alle molecole del gas quando è espanso, e quindi rarefatto, le quali si muovono in un volume maggiore e che quindi dovrebbero urtare con minor frequenza, nell'unità di tempo, il termometro e cedere ad esso meno calore. Questo anche nel caso in cui si supponga che le molecole mantengano una energia cinetica costante sia nella compressione che nella espansione (e quindi il gas abbia la stessa energia interna in entrambe le fasi). Mi verrebbe quindi da pensare che la minor temperatura dopo l'espansione sia dovuta alla rarefazione del gas e non ad una diminuzione della sua energia interna a causa del lavoro effettuato verso l'esterno. Se questa spiegazione fosse plausibile, l'equivalenza, sul piano della dinamica classica, tra compressione/espansione del gas e compressione/espansione della molla sarebbe totale e, credo, più intuitivo la rappresentazione “visiva” del meccanismo.
    Ma, naturalmente, questa spiegazione potrebbe essere del tutto incompatibile con i dati sperimentali e quindi l'unica spiegazione plausibile sarebbe quella classica.

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    1. Ciao Libero,
      le tue osservazioni sono tutt'altro che banali e offrono degli spunti interessanti di discussione.
      D'altronde il blog si chiama Scienza Laterale proprio perchè intende proporre (ove possibile) un approccio non convenzionale agli argomenti trattati.
      Ragionando insieme forse riusciamo a trovare una visione più "razionale", più "concreta" o, come dici tu, più "intuitiva" della trasformazione adiabatica.

      Un gas ideale è un insieme di particelle che non interagiscono fra loro se non tramite urti di tipo elastico.
      L'assenza di interazioni si traduce nell'assenza di energia potenziale e quindi l'unica forma di energia presente è quella cinetica delle particelle.
      A livello microscopico ogni particella fra una collisione e quella successiva si sposta con moto rettilineo uniforme e la pressione "sentita" da un pistone è la manifestazione macroscopica degli urti delle particelle contro la parete del pistone.
      La pressione ovviamente dipende sia dalla frequenza degli urti sia dalla velocità media delle particelle impattanti.
      La velocità media delle particelle (e quindi l'energia del gas) è riconducibile alla sola temperatura del gas; la frequenza degli urti invece dipende sia dalla temperatura che dalla densità del gas.

      Nel post intitolato P*V=n*R*T: considerazioni laterali introduco il concetto di energia termica di un gas definendolo con questa relazione: Egas = n * Cv * T
      La relazione mostra proprio che l'energia del gas dipende esclusivamente dalla temperatura e dalla sua quantità (ma non dalla pressione o dal volume occupato).

      A questo punto possiamo analizzare cosa accade quando il pistone è in movimento cioè durante una compressione o una espansione adiabatica.

      A livello microscopico una particella di gas che urta un pistone che si muove in verso opposto, a seguito dell'urto si muoverà più velocemente e quindi avrà una energia cinetica maggiore.
      La forza che dall'esterno agisce sul pistone per farlo muovere e così comprimere il gas si ripartisce sugli n-urti di particelle contro il pistone che avvengono ininterrottamente e fa accelerare le particelle coinvolte nell'urto. Se la velocità media delle particelle aumenta, aumenterà anche la temperatura del gas.
      Contemporaneamente però aumenta anche la densità del gas (lo stesso numero di particelle deve occupare un volume minore).
      Il risultato netto è sia un aumento di frequenza degli urti sia un aumento della velocità media delle particelle.
      Infatti, a parità di variazione di temperatura, l'aumento pressorio in una compressione adiabatica è maggiore dell'aumento pressorio in una trasformazione isocora (in un'isocora la densità del gas è invariata).

      Allo stesso modo una particella di gas che urta un pistone che si muove nello stesso verso, a seguito dell'urto si muoverà più lentamente e quindi avrà una energia cinetica minore.
      Il pistone si muove per effetto della forza pressoria del gas; poichè la forza genera uno spostamento ( e perciò compie un lavoro) significa che parte dell'energia cinetica delle particelle coinvolte negli n-urti che avvengono ininterrottamente contro il pistone è stata convertita in lavoro e quindi le particelle a seguito dell'urto risultano rallentate. Diminuendo la velocità media delle particelle, diminuisce anche la temperatura del gas.
      Contemporaneamente però diminuisce anche la densità del gas (lo stesso numero di particelle deve occupare un volume maggiore).
      Il risultato netto è sia un calo di frequenza degli urti sia una riduzione della velocità media delle particelle.
      Infatti, a parità di diminuzione di temperatura, la perdita pressoria in una espansione adiabatica è maggiore del calo pressorio in una trasformazione isocora (in un'isocora la densità del gas è invariata).

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  3. La tua risposta e molto intuitiva sul piano della dinamica classica ma lascia intatte le mie perplessità sulla interpretazione statistica della termodinamica.
    Infatti, stando a quello che si afferma in un qualsiasi manuale liceale o universitario di fisica, l'energia interna di un gas è strettamente connessa col moto di agitazione termica delle molecole e quindi, fondamentalmente, con l'energia cinetica media delle stesse. Ma l'elasticità dell'urto delle molecole sulle pareti presuppone l'equilibrio termico e cioè o che le pareti siano degli isolanti perfetti o che abbiano la stessa temperatura del gas. Solo a queste condizioni non ci sarebbe assorbimento di calore da parte del gas e quindi aumento della velocità media delle molecole e quindi aumento dell'energia interna. Se le molecole con l'urto alla parete del pistone, che avanza spinto da una determinata forza meccanica, acquistano mediamente energia cinetica e quindi in questa maniera aumenta l'energia interna del gas nella fase di compressione si dovrebbe concludere che la meccanica statistica applicata alla termodinamica usa due spiegazioni diverse per l'aumento di energia cinetica della molecola: una tipicamente macroscopica legata alla meccanica classica che è quella che tu hai esposto molto perspicuamente, e una tipicamente microscopica, vicina alla meccanica quantistica, in cui l'energia cinetica degli atomi, dei nuclei atomici e degli elettroni è strettamente legata, se o capito bene, all'assorbimento o alla emissione di energia (fotoni di varia lunghezza d'onda).
    Mi verrebbe da pensare che hanno ragione quei fisici e chimici fisici che sono molto critici nei confronti della meccanica statistica e sostengono l'inadeguatezza del suo apparato concettuale a spiegare in maniera coerente i fenomeni termodinamici sopratutto per ciò che concerne la loro incontrovertibile irreversibilità.

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    1. Ciao Libero,
      i miei studi sulla meccanica statistica risalgono ai tempi ormai lontani dell'università.
      Ora come ora non ho memoria di incongruenze grossolane a carico dell'interpretazione data dalla meccanica statistica dei fenomeni termodinamici come quelle che riporti. Anzi, il mio ricordo dell'approccio statistico era positivo perchè permetteva a tutti gli effetti di "chiudere il cerchio".
      Ciò nonostante, ho effettuato alcune ricerche sul web per recuparare del materiale sull'argomento, ma con scarsi risultati.
      Riusciresti a indicarmi qualche fonte (magari in internet) dove vengono messi in evidenzia i problemi che citi?

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  4. Sulle critiche alla meccanica statistica non troverai niente in internet. In fisica, come in economia, esiste un paradigma dominante a cui, sopratutto sul piano didattico, tutti i fisici e i chimico fisici si adeguano. Personalmente, non essendo ne un fisico ne un chimico fisico (mi sono laureato in giurisprudenza dopo aver trascorso due anni in facoltà di fisica) il mio interesse per la fisica, per la chimica, per la biologia, per la geologia e per l'astrofisica è strettamente connesso alla rappresentazione termodinamica del processo economico proposta da Nicholas Georgescu-Roegen, considerato il padre della cosiddetta economia ecologica (Georgescu-Roegen prima di interessarsi di economia è stato un docente universitario di matematica con specializzazione in statistica). Nei suoi scritti vi sono precisi riferimenti alle gravi carenze concettuali della meccanica statistica rilevate da parecchi fisici e chimici fisici di cui il più famoso e Ilya Prigogine. Anche se poi lo stesso Georgescu-Roegen non è del tutto coerente nell'applicare queste stesse critiche alla sua rappresentazione termodinamica dell'economia. Ho casualmente trovato riferimenti a queste pesanti critiche all'interpretazione statistica della termodinamica anche nella voce Entropia dell'Enciclopedia Einaudi ma, naturalmente, gli estensori della voce seguono il paradigma dominante e, quindi, non si dilungano su queste critiche.
    Io ho una comprensione prevalentemente qualitativa della fisica in quanto a 30 anni di distanza dai miei limitati studi nel biennio della facoltà di fisica non ho più la capacità di avere un approccio quantitativo. Dovrei mettermi a studiare ex novo e per i miei scopi sarebbe assolutamente eccessivo né d'altronde avrei il tempo per farlo.
    Concludo consigliandoti la lettura dei saggi di Georgescu-Roegen tradotti in italiano anche perché presto le problematiche da lui affrontate ci toccheranno personalmente:
    Nicholas Georgescu-Roegen, Energia e miti economici, tr. it. Torino, 1998;
    Nicholas Georgescu-Roegen, Bioeconomia. Verso un'altra economia biologicamente e socialmente sostenibile, tr. it. Torino, 2003;
    Inoltre, se sei interessato, puoi leggere i pochi post da me scritti nel mio blog dove potrai magari divertirti a rilevare i miei strafalcioni in campo fisico-chimico. Ti preavverto che non è un blog semplicemente di economia e di ecologia ma anche di ecosofia. Quindi puoi saltare a piacimento quello che non ti interessa. Il blog non è aperto ai commenti quindi, nel caso fossi interessato a contattarmi, troverai la mia email nel mio profilo.
    Il blog lo puoi trovare digitando in google “Sull'accadere Blog” oppure direttamente su questo indirizzo: http://giorgio-ansan.blogspot.it/

    Grazie ancora per la disponibilità
    Giorgio Ansan

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    1. Ciao Giorgio,
      ti ringrazio per le indicazioni.
      Siccome difficilmente avrò il tempo di recuperare e leggere i libri suggeriti, per riuscire a proseguire il dialogo, se hai la possibilità riporta estratti dei testi in cui vengono mosse critiche alla meccanica statistica.
      Mettendo insieme le nostre risorse, forse potremo stabilire la loro sostanzialità.

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  5. Ciao Yuz,
    Ho approfondito la questione delle critiche all'interpretazione statistica della termodinamica e in efetti non hanno niente a che fare con le mie perplessità sulla spiegazione microscopica del riscaldamento-raffreddamento adiabatico dei gas ma si svolgono su un piano assai più fondamentale. Infatti, la critica riguarda l'interpretazione probabilistica dell'irreversibilità e dell'entropia effettuata dalla meccanica statistica al fine precipuo di salvaguardare il dogma della reversibilità dei processi fisici proprio della fisica classica nonchè l'estensione del concetto di entropia dall'energia, a cui è stato applicato originariamente, alla materia.
    Ho notato, peraltro, in forum su internet, che ci sono altre persone che come me hanno difficoltà a "visualizzare" la questione della compressione- espansione adiabatica dei gas e della variazione dell'energia interna. Per il resto, come dici tu, la meccanica statistica scorre liscia come l'olio.
    Grazie ancora
    Giorgio Ansan

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    1. Ciao Giorgio,
      apprendo da te che la meccanica statistica si spinge tanto avanti da riuscire ad azzardare delle previsioni in caso di trasformazioni irreversibili.
      Non mi stupisce che i dati ottenuti non siano perfettamente attendibili e che la teoria sia soggetta a pesanti critiche.
      Tieni conto che l'irreversibilità di un processo è strettamente connessa alla sua cinetica. Per questo motivo la complessità del problema cresce in modo esponenziale.
      Delle previsioni teoriche approssimative per quanto non corrette al 100% sono comunque per me un risultato encomiabile. Naturalmente vanno utilizzate con la dovuta cautela.

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  6. Ciao Yuz
    Effettivamente quello che disturba molti fisici circa l'interpretazione statistica della termodinamica è che eventi che non sono mai stati osservati dall'uomo, come il passaggio di calore da un corpo freddo ad uno caldo, vengano considerati non impossibili ma semplicemente talmente improbabili da non accadere mai. Questo genere di approccio alla reversibilità del passaggio spontaneo di calore da un corpo caldo ad uno freddo ha portato un grande fisico come Bridgman ad affermare ironicamente che l'interpretazione statistica della termodinamica forniva all'uomo la possibilità teorica di poter “contrabbandare” entropia. E infatti non è mancato chi ha sostenuto che essendo la decrescita dell'entropia un fatto non impossibile bensì semplicemente improbabile l'uomo avrebbe potuto in futuro scoprire un qualche modo per bloccare il degrado entropico dell'energia.
    Comunque, devo dire che lo scambio di punti di vista che ho avuto con te mi è stato molto utile e mi ha permesso di restringere le mie perplessità sulle trasformazioni adiabatiche a quelle che avvengono senza scambio di lavoro con l'ambiente. Mentre adesso mi risulta sufficientemente perspicua la spiegazione del riscaldamento-raffreddamento adiabatico di un gas che effettua-subisce un lavoro, non riesco ancora a digerire la spiegazione del raffreddamento dei gas che si espandono liberamente nel vuoto senza effettuare un lavoro.
    Vi sono parecchie questioni che mi lasciano perplesso. Per esempio un gas che si espande nel vuoto cosmico dovrebbe raffreddarsi per irraggiamento (e quindi veder diminuire la sua energia interna) fino a raggiungere, come dicono gli astrofisici, la temperatura equivalente alla radiazione di fondo e quindi pochi gradi sopra lo zero assoluto.
    Ma un gas che si espande nel vuoto creato in laboratorio se è un gas perfetto dovrebbe mantenere inalterata la sua temperatura e quindi la sua energia interna, mentre se è un gas reale, secondo quanto risulta dai dati sperimentali, si raffredda. Ma se non fa un lavoro verso l'esterno come mai si raffredda? Per irraggiamento? E poi nell'espansione libera nel vuoto il gas può raggiungere livelli di rarefazione assai elevati. Possibile che misurare la temperatura di un gas quando è molto rarefatto sia equivalente a misurare la temperatura dello stesso gas quando era molto più concentrato?
    Eppure nel metodo di Linde il gas spinto dal compressore nel tubo viene poi raffreddato nella serpentina e una volta raggiunta la fine bel tubo si espande istantaneamente nel vuoto senza scambiare calore con l'ambiente raffreddandosi ulteriormente. E il ciclo si ripete fino alla condensazione. Capisco perfettamente perché si condensa ma non riesco proprio a comprendere perché o meglio come si raffredda nell'espansione.

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    1. Ciao Giorgio,
      ti propongo questa spiegazione del motivo per cui la temperatura di un gas varia a seguito di una trasformazione adiabatica anche in assenza di lavoro meccanico.

      Ipotizziamo di avere un contenitore con del gas.
      Per semplicità assumiamo che le particelle del gas abbiano tutte esattamente la stessa velocità (e quindi la stessa energia cinetica) e che una alla volta possano uscire dal contenitore per essere sparate nello spazio vuoto circostante.
      La prima particella che esce avrà la stessa velocità di tutte le altre presenti (e quindi avrà la stessa "temperatura" del gas).
      A questo punto però le particelle rimaste nel contenitore devono riorganizzarsi per riempire lo spazio vuoto lasciato dalla prima particella uscita.
      La riorganizzazione ha un costo energetico (che abbia un costo è anche piuttosto intuitivo) che può essere pagato solo con una perdita di velocità delle particelle rimaste (perchè l'energia cinetica delle particelle è l'unica forma di energia presente nel sistema) e quindi la temperatura del gas diminuisce.
      La seconda particella uscirà perciò con una velocità più bassa rispetto alla prima, la terza ancora più bassa e così via.

      Concludo con un avvertimento: attenzione a non identificare i gas reali con quelli ideali.
      A questo proposito cito elio e idrogeno, due gas (forse addirittura gli unici con questo comportamento "anomalo" a temperatura ambiente) che si riscaldano a seguito di un'espansione adiabatica (per approfondire l'argomento basta
      cercare sotto la voce coefficiente di Joule-Thomson).
      Questo fenomeno è solo apparentemente paradossale ed è dovuto al fatto che nel gas reale le particelle interagiscono fra loro, cioè è presente anche energia potenziale che a sua volta dipende dalla densità del gas.

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  7. Ciao Yuz
    ho letto su Wikipedia l'articolo sull'effetto Joule-Thomson è ho capito ciò che mi interessava.
    Ti ringrazio ancora per le indicazioni

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    1. Ciao Giorgio,
      ho approfondito la questione e mi sono reso conto che nei miei commenti precedenti sono contenute alcune inesattezze.
      Ti rimando al post intitolato "La trasformazione isoentalpica" per i dettagli.

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  8. nel caso di trasformazioni adiabatiche a pressione costante come si procede?

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    1. Ciao Antonio,
      benvenuto su Scienza Laterale.
      Non capisco cosa intendi per trasformazioni adiabatiche a pressione costante.
      Probabilmente è solo un problema di termini, ma dovresti darmi qualche indicazione in più.
      In una trasformazione adiabatica la pressione è una delle grandezze fisiche che cambia.
      Se la pressione è costante allora si parla di trasformazione isobara.

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    2. Ciao Yuz,
      ti scrivo la traccia del mio problema...
      2 moli di un gas ideale a Cp=21 J/mol*K si espandono in modo adiabatico a P=1bar=cost. fino ad occupare un volume triplo di quello iniziale. Essendo T1=300K la temperatura iniziale,calcolare il lavoro compiuto durante l'espansione.

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    3. Il problema è chiaro, ma la parola adiabatico è usata in modo improprio.
      Si tratta in realtà di una trasformazione isobara.

      Per semplificare i calcoli conviene prima di tutto convertire la pressione da bar a Pascal

      1 bar = 100 000 Pa


      Dall'equazione di stato dei gas perfetti

      P*V = n*R*T con R=8,314 J/(mol*K)

      il volume iniziale del gas è pari a

      V1 = n*R*T1/P = 2 mol * 8,314 J/(mol*K) * 300K / 100 000 Pa = 0,049884 m^3



      Il volume finale è il triplo di quello iniziale

      V2 = 3*V1 = 0,149652 m^3

      La temperatura finale è data da

      T2 = P*V2/(n*R) = P*3*V1/(n*R) = 3 * T1 = 900K


      Il lavoro di volume nelle trasformazioni a pressione costante è dato da

      L = P * (V2-V1) = 100000 Pa * (0,149652m^3 - 0,049884m^3) = 9976,9J

      ed è lavoro fatto dal sistema (attenzione alle convenzioni sui segni).


      Il calore fornito al sistema (sempre attenzione alla convenzione sui segni) è dato da

      Q = n * Cp * (T2-T1) = 2 mol * 21 J/(mol*K) * (900K -600K) = 25 200J

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    4. l'ho interpretato anch'io così infatti l'ho risolto nello stesso modo...però con il termine adiabatico cosa voleva intendere?

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    5. Il termine adiabatico è stato usato impropriamente.
      Non esistono trasformazioni isobare che siano contemporaneamente anche adiabatiche.
      I due termini sono autoescludenti.
      Potrebbe trattarsi di un banale errore di traduzione.

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    6. Io ho pensato volesse intendere che il sistema non scambia energia con l'ambiente e quindi la variazione di energia interna si riduce a dU = -PdV...
      pensi sia sbagliato?

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    7. *scambia calore (ho sbagliato a scrivere)

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    8. Se dU=-PdV, allora significa che sei nel caso di una trasformazione adiabatica propriamente detta. Ma se il gas non scambia calore con l'esterno, la sua pressione varia durante il processo (P*V^gamma=cost)
      Non è possibile che manchino contemporaneamente sia gli scambi termici che la variazione di pressione perchè altrimenti verrebbe violato il principio di conservazione dell'energia.

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    9. Yuz mi toglieresti un'altra curiosità? Se la pressione è costante e il sistema non scambia calore con l'ambiente in che modo viene violato il principio di conservazione dell'energia?

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    10. Ciao Antonio,
      speravo che me lo chiedessi.

      La spiegazione è questa.

      Se il sistema varia di volume in presenza di pressione non nulla, significa che è presente lavoro di volume perchè PdV è diverso da zero.

      Se il sistema cambia di volume a pressione costante, l'equazione di stato dei gas stabilisce che deve variare anche la temperatura, cioè cambia la sua entalpia.

      In un'espansione il gas compie lavoro. Da dove viene l'energia per farlo?

      O dall'energia interna del gas (trasformazione adiabatica) con conseguente diminuzione di temperatura e pressione oppure assorbendo calore dall'esterno (trasformazione isoterma) e temperatura e pressione resteranno costanti.
      Da tenere presente che il calore assorbito sarà molto maggiore del lavoro fatto.

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    11. Quest'ultima parte che hai scritto non mi convince potresti essere più chiaro?

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    12. Nel precedente commento avevo scritto:

      O dall'energia interna del gas (trasformazione adiabatica) con conseguente diminuzione di temperatura e pressione oppure assorbendo calore dall'esterno (trasformazione isoterma) e temperatura e pressione resteranno costanti.
      Da tenere presente che il calore assorbito sarà molto maggiore del lavoro fatto.



      La frase è sbagliata. La versione corretta è questa:

      O dall'energia interna del gas (trasformazione adiabatica) con conseguente diminuzione di temperatura e pressione oppure assorbendo calore dall'esterno. In questo secondo caso ci sono due ipotesi estreme.

      a) La trasformazione è di tipo isotermico: la temperatura resta costante mentre la pressione diminuisce. Il calore assorbito uguaglia il lavoro di volume.

      b) La trasformazione è di tipo isobaro: la pressione resta costante mentre la temperatura aumenta. Il calore assorbito è maggiore del lavoro di volume.

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  9. Sergio Bruschi
    ho letto che nella fusione nucleare a confinamento inerziale si utilizza una compressione adiabatica del liquido (trizio e deuterio) contenuto in una microsfera.Per ottenere ciò viene scaldata l'esterno della microsfera utilizzando raggi laser,il deuterio ed il trizio passeranno allo stato gassoso ed inizierà la compressione adiabatica che provocherà l'aumento di pressione interno nella microsfera con riduzione del volume ed aumento della temperatura del gas.
    Ad una determinata temperatura e pressione si otterrano delle " condizioni di ignizione" dei gas contenuti nella microsfera che permetteranno di ottenere un certo numero di reazioni di fusione delle particelle atomiche. di trizio e deuterio.con emissione di energia.
    Successivamente la miscela trizio-deuterio si esaurirà ed il processo si annullerà..
    Quello che non comprendo è:
    1) quali sono i valori della temperatura e della pressione che permettono l'inizio della fusione del trizio e deuterio?
    2) da tali valori si può risalire alla quantità di energia necessaria ad iniziare la compressione adiabatica della microsfera?Fra l'altro viene utilizzato un sistema di riscaldamento per ablazione quindi abbastanza dispersivo,ma non direi di considerare questo ulteriore problema.

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    Risposte
    1. Buongiorno Sergio,
      mi dispiace, ma non sono la persona giusta che può rispondere alle tue domande.

      Yuz

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  10. Buongiorno Yuz, seguo da tempo con interesse il tuo blog.
    Volevo porti un quesito, a proposito delle trasformazioni adiabatiche e della "compressibilità" dei gas reali.
    Consultando le tabelle del vapore saturo e del vapore surriscaldato di alcuni tipici fluidi frigorigeni, si evidenzia che il c.d. salto entalpico tra due stati è mediamente assai inferiore a quello che ci si attenderebbe, rispetto ad un gas ideale. Per comprimere, occorre perciò molto meno energia. Ciò sarebbe dovuto all'azione di forze intermolecolari.
    Potresti descrivermi esattamente come funziona e come opera questo fenomeno?
    Grazie per la risposta.
    Saluti
    Flavio R.

    RispondiElimina
  11. Salve Yuz, vorrei approfittare della tua competenza e disponibilità per porre una questione che ho già provato varie volte a sollevare in rete, ma alla quale a quanto pare non riesco a trovare risposta soddisfacente.
    La termodinamica sperimentale ci dice che un gas espande liberamente mantenendo invariata la sua energia interna e questo per la prima legge può avvenire solo se nel processo non viene svolto lavoro. Ciò peraltro è in pieno accordo con l'equazione che definisce il lavoro svolto per una trasformazione irreversibile, dove L=Pext*deltaV, dalla quale risulta evidente che a Pext=0 corrisponde lavoro nullo.
    Pertanto, il principio secondo cui un gas espande liberamente senza produzione di lavoro sembra essere ampiamente accettato e dimostrato in termodinamica, sia a livello teorico, sia a livello empirico-sperimentale. Tuttavia esistono casi in cui questo principio viene evidentemente violato, mi riferisco alla propulsione dei razzi nel vuoto, ottenuta grazie al lavoro ottenuto dalla espansione libera dei gas espulsi nel vuoto.
    Il fatto che esistano situazioni e condizioni nelle quali si è in grado di ottenere lavoro dalla espansione libera di un gas a me sembra quindi in grave e palese contraddizione con le leggi della fisica unanimemente accettate. Aggiungo che, personalmente, trovo strabiliante che una tale lampante contraddizione non venga evidenziata in ambiente scientifico e adeguatamente analizzata e spiegata.
    In definitiva, se si ritiene, nell'ambito della fisica termodinamica teorica, di potere dimostrare, o che sia già stato dimostrato, che si può ottenere lavoro dalla espansione libera di un gas, allora mi aspetterei che tale lavoro potesse e dovesse essere adeguatamente quantificabile utilizzando idonee equazioni. Di tali equazioni io continuo a non vedere traccia, di conseguenza, e fino a prova contraria, mi sento autorizzato a considerare le leggi della termodinamica errate, incomplete o comunque in gravissimo conflitto con la realtà dei fatti. Il tutto nella apparente, e per me inspiegabile, indifferenza del mondo scientifico.
    Potrei porre la questione anche in questi termini, sottoponendo a uno studente di fisica il seguente problema:
    calcolare il lavoro svolto dalla espansione libera di un gas di cui siano noti P V e T

    quali equazioni e calcoli dovrebbe applicare lo studente per arrivare a un risultato che fosse diverso da zero?
    Grazie mille e complimenti

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    Risposte
    1. Ciao Matthews,
      benvenuto in Scienza Laterale.
      Ritengo che sia la definizione del lavoro svolto come L=Pext*deltaV che porta a conclusioni errate proprio per il caso della propulsione a razzo. Sconsiglio di prenderla come definizione di riferimento per il lavoro.

      Quando un gas è all’interno di un contenitore a volume costante e siamo in condizioni di equilibrio termico, gli urti delle particelle di gas con le sue pareti sono perfettamente elastici, cioè la velocità prima dell’impatto con le pareti è uguale a quella dopo l’impatto. Un urto sulla parete sinistra sarà sempre compensato da un urto sulla parete destra, un urto sulla parete superiore sarà compensato da un urto sulla parete inferiore e la spinta risultante sul contenitore è nulla.
      Quando invece una parete si muove, cioè il gas espande, quello che noi chiamiamo lavoro è uno “sbilanciamento” degli urti delle particelle di gas con le pareti del contenitore. Se una particella impatta con una certa velocità su una parete e la parete si sposta a causa dell’urto (quindi la parete riceve energia dalla particella), dopo l’impatto la particella sarà più lenta (e quindi temperatura e pressione del gas diminuiscono).
      Nella propulsione a razzo non è una parete a muoversi bensì tutto il contenitore.
      Nel razzo, l’assenza di una parete fa venire a mancare quegli urti che controbilanciavano quelli sulla parete opposta e il contenitore riceve una spinta.

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    2. grazie Yuz della risposta, avevo già sentito questa spiegazione, che in pratica interpreta il fenomeno in termini di squilibrio di pressione sulle pareti interne, e che, tuttavia, non mi sembra risolva alcuno dei problemi che avevo inteso evidenziare.
      Sinceramente continuo a non capire perchè un razzo sarebbe un contenitore con proprietà diverse da quelle di tutti gli altri, e tali comunque da invalidare le normali equazioni della termodinamica. Se questo effetto di propulsione si può ottenere in un razzo si dovrebbe ottenere in un qualunque contenitore. Ovviamente, viceversa, se l'effetto non dovesse essere dimostrabile con un normale contenitore non lo sarà neppure per un razzo.
      Mutatis mutandis, se nel classico esperimento di Joule introducessimo un pistone al posto di una parete fissa sul lato opposto al setto che divide i due recipenti, nel momento in cui rimuoviamo il setto e lasciamo espandere il gas nel secondo contenitore il pistone riceverebbe una spinta in senso opposto che lo farebbe arretrare. Il movimento del pistone rappresenterebbe il lavoro svolto dal gas che espande nel vuoto. Questo processo potrebbe, anzi direi dovrebbe, essere quindi quantificabile usando idonee equazioni. In un ipotetico esercizio di termodinamica io potrei chiedere a uno studente di calcolare il lavoro svolto dal gas in queste condizioni, essendo ad esempio noti P,V e T iniziali. Se la classica equazione per una trasformazione irreversibile non è utilizzabile (e perchè ammettiamo che in questo caso non lo sia?), quali calcoli e equazioni dovrebbe usare lo studente per arrivare a quantificare correttamente il lavoro svolto?
      Sempre a proposito di un simile esperimento, poiché il pistone allo stato iniziale di equilibrio esercitava una forza sul gas pari alla pressione interna, a me pare francamente assurdo pensare che il pistone possa arretrare nel momento in cui il setto viene rimosso. Questo equivarrebbe a dire che la pressione interna (cioè sul pistone) è aumentata, a fronte di un incremento di volume del gas, mentre mi pare ovvio che dovrebbe avvenire il contrario, il pistone semmai dovrebbe muoversi nel verso opposto, in avanzamento nella stessa direzione di espansione del gas, visto che la pressione interna sta diminuendo.
      Ribadisco infine che in nessun testo di termodinamica ho trovato chiaramente esplicitato il fatto che un gas espandendo liberamente può produrre lavoro, anzi semmai ho sempre visto sottolineato il contrario, né ho visto indicata alcuna equazione idonea a quantificare tale lavoro. Ribadisco anche che considero questa una curiosa e per me inspiegabile lacuna della fisica termodinamica. Approfitto quindi per chiederti la cortesia di indicarmi, se vuoi, qualche testo di termodinamica in cui, a parere tuo, venga trattato in modo più esauriente questo specifico aspetto.
      Grazie mille per l'attenzione.

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    3. Nell’esperimento di Joule il gas compie una trasformazione isoentalpica. Il gas espande e la temperatura non varia perché il lavoro è nullo. Se ti può interessare ho dedicato un post a questa trasformazione ( http://scienzalaterale.blogspot.it/2013/01/la-trasformazione-isoentalpica.html).
      Nel propulsore a razzo il gas subisce una trasformazione adiabatica irreversibile, non una trasformazione isoentalpica.
      Per rispondere alla tua domanda su come calcolare il lavoro fatto dal gas in un propulsore a razzo, si può riprendere la relazione L=Pext*deltaV.
      Facevi notare che per Pext=0 il prodotto è nullo.
      Tuttavia, se invece di annullare completamente la pressione si valuta l’equazione con pressioni esterne sempre più basse, cioè si cerca il valore limite per una pressione esterna tendente a zero, il risultato cambia perché mentre la pressione tende a zero il deltaV tende a infinito e il loro prodotto è un valore finito.
      Nell’ipotesi che il gas compia un’espansione adiabatica reversibile (processo ideale isoentropico), il lavoro fatto è uguale a L=n*Cv*(Tiniziale-Tfinale) in cui n è la quantità di gas in moli, Cv è il calore specifico a volume costante in Joule/(moli*Kelvin), Tiniziale è la temperatura iniziale del gas in Kelvin e Tfinale è la temperatura finale del gas in Kelvin. Questa equazione implica che tutta l’energia persa dal gas è convertita in lavoro.
      Andando oltre con il ragionamento, quando la pressione esterna tende a zero, Tfinale tende a zero e quindi il lavoro diventa pari a L=n*Cv*Tiniziale.
      Questo è il limite massimo per il lavoro in quanto siccome il gas verrebbe espulso alla temperatura di zero Kelvin significa che ha ceduto tutta la sua energia al razzo.
      Dovrebbe comunque essere ovvio che nel caso reale la temperatura del gas espulso non si abbasserà mai fino a raggiungere lo zero assoluto e il lavoro può essere calcolato utilizzando la prima equazione.

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    4. Grazie Yuz, personalmente trovo questo argomento interessantissimo, purtroppo, a causa delle mie limitate conoscenze, mi sto rendendo conto che i miei dubbi invece che diminuire stanno aumentando più mi ci addentro. Spero di non abusare della tua pazienza se provo a chiarirmi meglio le idee.
      Come giustamente dici, nell’esperimento di Joule il gas compie una trasformazione isoentalpica, ma questa mi pare una conseguenza obbligata dalle condizioni arbitrariamente poste sul sistema.
      Non vedo nulla che ci impedisca di postulare condizioni in cui il sistema possa scambiare lavoro con l'esterno. Nel mio esempio precedente ho provato appunto a immaginare un semplice caso in cui il gas potrebbe generare lavoro meccanico, di volume su un pistone, oppure, con semplici accorgimenti, lavoro di propulsione, come nel caso dei razzi.
      In queste condizioni la trasformazione non sarebbe ovviamente isoterma essendo stato scambiato lavoro, quindi in pratica mi pare si tornerebbe alle condizioni di una normale espansione adiabatica irreversibile, ma allora non avrebbe più senso continuare a definirla espansione libera.
      D'altra parte se affermiamo che il sistema sarebbe in grado di produrre lavoro verso l'esterno, ma questo non avviene, come nel caso dell'esperimento di Joule, in quanto semplicemente gli si è impedito di farlo, ad esempio bloccando il pistone, ciò dovrebbe presupporre che il lavoro non compiuto si traduca in aumento dell'energia interna. Diversamente mi pare si violerebbe il primo principio. In una classica espansione libera di Joule ritengo dovremmo quindi rilevare un aumento della temperatura, a causa del fatto che lavoro potenziale non è stato compiuto. Ma questo mi pare totalmente illogico, se non si ammette un qualche tipo di apporto dall'esterno.
      In definitiva, ancora non riesco a mettere coerentemente insieme le leggi fisiche che conosco con la produzione di lavoro da una espansione libera.
      Ti ringrazio se vorrai darmi una mano a capire dove sto sbagliando.

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    5. Matthews,
      l’argomento di cui si sta parlando è tutt’altro che banale. Cerco di aggiungere qualche altra spiegazione che spero possa esserti di aiuto.
      Se con libera espansione di un gas si intende una trasformazione gassosa a cui non è associato lavoro, il processo è di tipo isoentalpico.
      Nell’esperimento di Joule la costanza del volume del contenitore assicura l’assenza di lavoro.
      Invece, se il gas durante l’espansione compie lavoro, qualunque tipo di lavoro, la temperatura del gas si abbassa.
      Per esempio se l’espulsione del gas permette al razzo di accelerare, cioè il gas fa variare l’energia cinetica del razzo, significa che parte dell’energia cinetica delle particelle di gas è stata trasferita al razzo. Inoltre, siccome la temperatura di un gas è la misura dell’energia cinetica media delle sue particelle significa anche che il gas si è raffreddato.
      Similmente, se il gas espulso liberamente fa azionare una pala eolica o muove un pistone, il lavoro fatto dalla pala eolica o dal pistone implica un raffreddamento del gas.

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